Charlie Chaplin frasi e immagini
La vita in Aforismi

Charlie Chaplin: 172 frasi e immagini dell’intramontabile attore

Una selezione di video, foto e aforismi dell’indimenticabile Charlie Chaplin

Charlie Chaplin frasi

Charlie Chaplin è stato sicuramente uno dei migliori attori del cinema muto. Grazie al suo immortale personaggio, Charlot, è entrato a tutti gli effetti nella leggenda. E a distanza di 43 anni dalla sua morte, non esiste persona che non abbia sentito pronunciare il suo nome. Dedichiamo un intero articolo a Charlie Chaplin e alle sue frasi famose. Le più belle, le più conosciute e le più indimenticabili. E insieme ad aforismi e citazioni anche qualche video e le immancabili foto di Charlie Chaplin.

Aforismi Charlie Chaplin

Una selezione di frasi celebri di Charlie Chaplin, sulla sua autobiografia e sul suo lavoro. Charlie Chaplin e le sue citazioni riescono ancora oggi a ispirare milioni di persone che si abbandonano a riflessioni personali. Scegliete la citazione che preferite e utilizzatela per una dedica da fare a voi stessi o a un amico a cui volete particolarmente bene.

A un amico Joseph Conrad scrisse così: che la vita gli dava l’impressione di essere un topo cieco con le spalle al muro incapace di sfuggire a una solenne bastonatura. La similitudine potrebbe attagliarsi benissimo alle brutte situazioni in cui finiamo tutti per trovarci, prima o poi. Ciò nonostante, per qualcuno gira il vento della fortuna, ed è questo che accadde a me.

La natura stessa di queste invenzioni grida per la bontà negli uomini, grida per la fratellanza universale, per l’unità di tutti noi.

Per ridere veramente, devi essere in grado di sopportare il tuo dolore e giocarci.

Ritengo che se non possiamo ridere di Hitler di tanto in tanto, allora vuol dire che la nostra condizione è peggiore di quella che crediamo. Ridere fa bene, ridere degli aspetti più sinistri della vita persino della morte.

Il tempo è un grande autore. Trova sempre il finale giusto.

In fondo, tutto è una farsa.

La vita ha smesso di essere una barzelletta per me; non la trovo divertente.

Il suono annichila la grande bellezza del silenzio.

Siamo tutti appassionati. Nella nostra breve vita non abbiamo tempo per altre cose.

Alla fine è tutto uno scherzo.

L’uomo è un animale con primari istinti di sopravvivenza. Di conseguenza, la sua inventiva si è sviluppata prima e la sua anima dopo. Così il progresso della scienza è molto più avanti del comportamento etico dell’uomo.

Non è la realtà che conta in un film, ma quello che l’immaginazione può fare.

Grazie all’umorismo siamo meno schiacciati dalle vicissitudini della vita… esso attiva il nostro senso delle proporzioni.

Il cinema è solo una moda passeggera. È il dramma in lattina. Il pubblico vuole vedere attori in carne e ossa sul palcoscenico.

Paulette mi ha colpito per la sua insolenza.

immagini Charlie Chaplin
La semplicità è una dote difficile da conquistare.
(Charlie Chaplin)

Ho sempre avuto l’anima del commerciante e mi sono sempre preoccupato di questioni finanziarie. Guardando i negozi vuoti e sfitti ho sempre immaginato di come avrei fatto fruttare un’attività, che fosse la gestione di un fish and chips o di un negozio di alimentari.

Ancora più divertente dell’uomo che è stato reso ridicolo è quello che, quando gli succede qualcosa di bizzarro, si rifiuta di ammetterlo e si sforza di mantenere la sua dignità.

Siamo in un mondo spietato e bisogna essere spietati per difendersi.

Alla luce del nostro ego, siamo tutti dei re detronizzati.

Il pubblico non sa mai quello che vuole, ma solo ciò che non vuole.

Com’è imbarazzante aver voluto imporre a qualcuno i miei desideri, pur sapendo che i tempi non erano maturi e la persona non era pronta, anche se quella persona ero io. Oggi so che questo si chiama rispetto.

I comunisti sono capaci di tutto. I loro avversari di tutto il resto.

L’avidità ha avvelenato i nostri cuori, ha precipitato il mondo nell’odio, ci ha condotti a passo d’oca a far le cose più abiette. Abbiamo i mezzi per spaziare, ma ci siamo chiusi in noi stessi.

La fame non ha scrupoli.

Non credo che si possa insegnare a recitare. Ho visto persone intelligenti fallire miseramente e individui piuttosto ottusi recitare benissimo. Ma per recitare occorre essenzialmente del sentimento.

La cosa più triste che possa immaginare è l’assuefazione al lusso. Io non mi ci abituerò mai.

Non si ha ogni volta la fortuna che un lavoro cresca come un albero. La Febbre dell’oro, Vita da cani, Il Monello sono eccezionali. Quando rendevo perfetta una scena, si staccava dall’albero. Ho scosso i rami e sacrificato i migliori episodi. Sono autosufficienti. Li potrei proiettare separatamente, a uno a uno, come le mie prime pellicole.

Attraverso la comicità vediamo l’irrazionale in ciò che ci sembra razionale; il folle in ciò che ci sembra sensato; l’insignificante in ciò che sembra pieno di importanza. Essa ci aiuta anche a sopravvivere preservando il nostro equilibrio mentale.

Wells mi domandò quando fosse nato il mio interesse per il socialismo. Risposi che risaliva alla mia venuta negli Stati Uniti e all’incontro con Upton Sinclair. Stavamo andando in macchina a Pasadena, per pranzare a casa sua, quando mi chiese sommessamente se credevo nel sistema capitalistico. Dissi in tono faceto che per rispondere avrei avuto bisogno di un ragioniere. Era una domanda disarmante, ma compresi istintivamente che toccava proprio il nocciolo del problema e da quel momento cominciai a interessarmi e a vedere la politica non come storia, ma come un problema esclusivamente economico.

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Non aver mai paura di uno scontro. Anche quando i pianeti collidono, dal caos nasce una stella. (Charlie Chaplin)

Il fascino di Churchill consiste nella sua tolleranza e nel suo rispetto per le opinioni altrui. Si direbbe che non nutra né rancore né collera per coloro che non la pensano come lui.

La caratteristica essenziale del grande attore è che egli si piace mentre recita.

Tutte le navi dovrebbero chiamarsi Panacea, poiché non c’è nulla di più tonificante di un viaggio per mare. Le preoccupazioni sono tutte rinviate a data da destinarsi, la nave ti adotta, ti cura, e quando finalmente entra in porto ti restituisce, riluttante, alla noia e alla monotonia del mondo.

Dopo aver letto il suo saggio sulla “Fiducia in se stessi”, ebbi l’impressione che mi fosse stato concesso un prezioso diritto di primogenitura.

Se non fosse stato per il rispetto dovuto agli scrupoli religiosi di mia madre avrei potuto convertirmi al cattolicesimo con la massima facilità, perché mi piacevano il suo misticismo e gli altarini fatti in casa con una Vergine Maria di gesso adorna di fiori e candele accese che i ragazzi erigevano in un angolo della stanza da letto, e davanti ai quali facevano una genuflessione ogni volta che passavano.

Il clero britannico vanta una tradizione di sincerità e spregiudicatezza che è un riflesso del lato migliore dell’Inghilterra. Sono uomini come il Dr. Hewlett Johnson, il canonico Collins e numerosi altri prelati a conferire alla Chiesa inglese la sua vitalità.

Se non fosse stato per l’acquisto di un libro sull’allevamento scientifico dei maiali, forse avrei abbandonato il teatro per diventare un allevatore, ma quel libro, che illustrava graficamente la tecnica per castrare gli animali, e l’idea di eseguire una simile operazione, gettarono acqua sul fuoco del mio entusiasmo; presto dimenticai il progetto.

La vera felicità è qualcosa di molto vicino alla tristezza.

Io ho una teoria, secondo la quale scienziati e filosofi non sono che dei romantici idealisti che hanno incanalato le loro passioni in un’altra direzione. Questa teoria si adattava benissimo alla personalità di Einstein. Aveva l’aria del tipico tirolese, nel miglior senso della parola, affabile e gioviale. E benché i suoi modi fossero calmi e gentili, sentii che nascondevano un temperamento estremamente emotivo, e che era da questa fonte che proveniva la sua straordinaria energia intellettuale.

L’Olocausto è successo in Germania; ma le stesse cellule malate si trovano nel corpo di ogni nazione, pronte a entrare in attività. Io non posso parlare di orgoglio nazionale. Se uno è attaccato alla tradizione familiare, alla casa e al giardino, a un’infanzia felice, alla famiglia e agli amici, posso capire questo sentimento: ma io non ho un passato del genere. Nel migliore dei casi per me il patriottismo si nutre delle usanze locali: corse ippiche, caccia, Yorkshire pudding, hamburger americani e Coca-Cola, ma al giorno d’oggi questi affetti si possono coltivare in ogni parte del mondo. Naturalmente, se il paese in cui vivo stesse per essere invaso, come la maggior parte di noi, credo che sarei pronto al supremo sacrificio. Ma non ho nessuna voglia di rinunciare alla vita o alla carriera per un editto del parlamento o del congresso, se non credo alla causa: non sono un martire per ragioni nazionalistiche e non intendo morire per un presidente, un primo ministro o un dittatore.

Sapevo appena di avere un padre, e non ricordo che abbia mai vissuto con noi. Anche lui era un artista di varietà, un uomo silenzioso e meditabondo dagli occhi scuri. Mia madre diceva che somigliava a Napoleone.

Il cinema è poco più di una moda. È dramma in scatola. Ciò che gli spettatori vogliono vedere è carne e sangue sul palcoscenico.

Quando la Duse venne a Los Angeles, nemmeno l’età e la fine incombente poterono oscurare il fulgore del suo genio. L’accompagnava un’eccellente compagnia italiana. Prima della sua entrata in scena un giovane e bell’attore fornì una prestazione superba, tenendo magnificamente il palcoscenico. Come avrebbe fatto la Duse a superare la straordinaria prestazione di questo giovanotto?

Era solo tra un film e l’altro, quando non avevo nulla da fare, che offrivo il fianco. Come disse H. G. Wells: “Quando, nel corso della giornata, ti accorgi di avere scritto al mattino le tue cartelle, sbrigato la corrispondenza nel pomeriggio, e non hai altro da fare, viene il momento in cui ti annoi: ecco l’ora del sesso”.

Il suo film Ivan il Terribile, che vidi dopo la seconda guerra mondiale, fu certo il migliore di tutti i film storici. Egli trattò la storia poeticamente, il che è un ottimo sistema per fare della storia. Quando penso alla distorsione che subiscono anche i fatti più recenti, la storia come tale desta solo il mio scetticismo, laddove un’interpretazione poetica consegue l’effetto generale del periodo. Alla fin fine c’è più autenticità storica nelle opere d’arte che nei libri di storia.

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Non devo leggere libri per sapere che il tema della vita è il conflitto e il dolore. Per istinto tutta la mia comicità si basava su queste cose.
(Charlie Chaplin)

Il genio e il criminale hanno molto in comune, essendo ambedue sfegatati individualisti.

(Sulla cosa più bella che avesse visto) Le movenze di Helen Wills mentre gioca a tennis.

Dall’avvento del sonoro, non riuscivo a fare progetti per il futuro. Certuni mi dissero che il vagabondo poteva anche acquistare la parola. La cosa era inconcepibile, perché la prima parola che avesse pronunciato lo avrebbe trasformato in un’altra persona.

Intendo smetterla col cinema. È troppo per me. Non ci riuscirò mai. È troppo rapido. Non riesco a capire che cosa stia facendo né che cosa si voglia che io faccia.
Una cosa era sicura: la civiltà che avevamo conosciuta non sarebbe mai più stata la stessa – quella fase era tramontata. E tramontati erano pure i suoi così detti decori fondamentali – ma, d’altra parte, nessun decoro era stato nulla di straordinario in alcun periodo della storia.

Sennett mi prese in disparte e mi spiegò il loro metodo di lavoro. “Giriamo senza copione: troviamo un’idea, poi seguiamo il corso naturale degli eventi finché esso non sfocia in un inseguimento, che è il nucleo della nostra comica.” La cosa era istruttiva ma non troppo consolante; personalmente non potevo soffrire gli inseguimenti. Annullano la personalità dell’attore; e per poco che m’intendessi di cinema, sapevo che nulla trascende la personalità.

Non avevo mai visto un’opera lirica, solo qualche brano in un teatro di varietà, e la detestavo. Ma adesso avevo voglia di andarci. Comprai un biglietto e presi posto in seconda galleria. L’opera era in tedesco e non ne capii una parola; non conoscevo nemmeno l’argomento. Ma quando la defunta regina venne portata in scena alla musica del coro dei pellegrini, piansi amaramente. Mi parve una ricapitolazione di tutte le pene della mia vita. A stento riuscii a dominarmi; non so che cosa dovette pensare la gente che mi sedeva vicino, ma venni via tremante e coi nervi a pezzi, uno straccio.

Non ci si avvicina alla verità attraverso la ragione, essa ci confina in una matrice geometrica di pensiero che esige logica e attendibilità; in sogno vediamo i morti e li accettiamo come vivi, sapendo al tempo stesso che sono morti. E benché questo stato di sogno sia privo di ragione, non ha forse una sua attendibilità? Vi sono cose che trascendono la ragione. Come possiamo comprendere la miliardesima parte di un secondo? Eppure esiste, se crediamo alla scienza matematica. È un’estensione dello spirito, un potere inverso oltre che infinito. Negare la fede è confutare se stessi e lo spirito che genera tutte le nostre forze creative.

Il giorno prima di lasciare San Francisco feci quattro passi per Market Street, dove m’imbattei in una botteguccia con la vetrina coperta da una tenda e un cartello che diceva: “Fatevi leggere la fortuna sulle mani e sulle carte. Un dollaro”. Entrai, un po’ imbarazzato, e mi trovai di fronte a una donna rubiconda sulla quarantina che uscì da una stanza interna masticando un boccone del pasto interrotto. Con aria noncurante m’indicò un tavolino addossato al muro opposto alla vetrina, e senza guardarmi disse: “Prego, si accomodi”. Poi sedette davanti a me. I suoi modi erano bruschi. “Mescoli queste carte e tagli il mazzo tre volte, poi metta le mani sul tavolo col palmo in alto, per favore”. Voltò le carte e le sparse sul tavolo, le studiò, poi mi guardò le mani. “Lei sta pensando a un lungo viaggio, il che significa che presto lascerà gli Stati Uniti. Ma vi tornerà fra breve per dedicarsi a un’altra attività… diversa da quella che fa ora”. Qui la donna esitò e parve confondersi. “Be’, è quasi la stessa, però è diversa. Vedo un enorme successo coronare questa nuova iniziativa; lei ha davanti a sé una carriera straordinaria, ma non so dirle quale sia”. Per la prima volta alzò lo sguardo su di me, poi mi prese la mano. “Oh sì, ecco tre matrimoni: i primi due non riusciranno, ma lei giungerà alla fine dei suoi giorni felicemente ammogliato e con tre figli”. (Qui sì che si sbagliava!) Poi tornò a studiarmi la mano. “Sì, farà una fortuna eccezionale, è una mano da soldi la sua”. Scrutandomi in viso, disse: “Morirà di broncopolmonite all’età di ottantadue anni. Un dollaro, prego. Ha qualche domanda da fare?”. “No”, dissi ridendo “mi pare che basti”.

Per continuare a essere dei leader e a guidare le persone, non smettete di imparare.

È indubbio che chi ha raggiunto il successo vive in un mondo diverso; pur essendo intellettualmente un parvenu, le mie opinioni erano tenute in seria considerazione. Quando incontravo qualcuno, scoprivo sempre visi sorridenti ed espressioni improntate alla massima gentilezza. Tutti volevano stringere amicizia con me e partecipare ai miei problemi quasi fossero dei parenti. Certo la cosa mi lusingava, ma la mia natura non ama una simile intimità. Mi piacciono gli amici come la musica: quando sono in vena. Questa libertà, comunque, doveva costarmi lunghi periodi di solitudine.

L’atteggiamento di Wells verso il cinema era di benevola tolleranza. “Non esiste un brutto film” diceva “è già abbastanza straordinario il fatto che si muovano!”

Quando ti colpisce una disgrazia o una profonda delusione, se non ti abbandoni alla disperazione ricorri alla filosofia o al tuo senso dell’humour.

Niente è permanente in questo mondo scellerato, neanche i nostri guai.

Ricordo che un grande attore un giorno mi domandò: “Ora che siamo arrivati, Charlie, che cosa abbiamo ottenuto?”. “Arrivati dove?” risposi.

La camera da letto di Churchill era in parte una biblioteca con un numero enorme di libri accatastati contro il muro, dappertutto. C’erano anche molti volumi su Napoleone. “Sì” ammise “sono un suo grande ammiratore”.

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Nulla finisce. Cambia soltanto.
(Charlie Chaplin)

La violenza ha assunto una carica sessuale.

Il mio dolore può essere la ragione per la risata di qualcuno.
Ma la mia risata non deve mai essere la ragione per il dolore di qualcuno.

Accadde una cosa assolutamente incredibile. A un tratto, nel bel mezzo di una risata, il film fu interrotto. Si accesero le luci in sala e da un altoparlante una voce annunciò: “Prima di riprendere la proiezione di questo bellissimo film, permetteteci di rubarvi cinque minuti per segnalarvi i pregi di questo nuovo, elegante teatro”. Non credevo alle mie orecchie. Ero furioso. Balzai dalla poltrona e di corsa mi lanciai su per la corsia. “Dov’è quell’idiota, quel figlio di puttana del direttore? Ma io lo ammazzo!”. Il pubblico era con me e cominciò a pestare i piedi e a battere le mani mentre l’imbecille continuava a magnificare i pregi del teatro. S’interruppe, tuttavia, quando il pubblico cominciò a fischiare. Occorse un’intera bobina perché le risate riprendessero come prima.

La signora Einstein mi raccontò la storia del mattino in cui suo marito aveva concepito la teoria della relatività. Disse che il dottore era sceso in vestaglia, come sempre, ma aveva appena toccato la colazione. “Capii subito che qualcosa bolliva in pentola e gli chiesi quale problema fosse a tormentarlo. “Cara” disse lui “ho un’idea formidabile.” E dopo aver bevuto il caffè andò al piano e si mise a suonare. Di tanto in tanto s’interrompeva, prendeva qualche appunto e ripeteva: “È un’idea formidabile, un’idea fantastica!”. “Allora, per amor del cielo, dimmi di che si tratta”, dissi io, “non tenermi così in sospeso”. “È difficile”, disse lui. “La devo ancora sviluppare.” Mi disse che continuò a suonare il piano e a prendere appunti per circa mezz’ora, poi salì nel suo studio, informandola che non voleva essere disturbato, e vi rimase due settimane. “Tutti i giorni gli mandavo su i pasti” disse “e la sera faceva una passeggiatina igienica e poi tornava al suo lavoro”. “Finalmente”, disse, “uscì dallo studio: era pallidissimo”. “Ecco qua” disse stancamente, posando sul tavolo due fogli di carta. E quella era la teoria della relatività.

Un assassinio e siete un bandito, milioni di morti e siete un eroe. Il numero santifica.

L’uomo è un animale addomesticato che per secoli ha comandato sugli altri animali con la frode, la violenza e la crudeltà.

La signora Einstein parlava un ottimo inglese, assai migliore di quello del marito. Era una donna quadrata, provvista di una straordinaria vitalità; francamente si divertiva a essere la moglie di un grand’uomo e non faceva nessun tentativo per nasconderlo; il suo entusiasmo la rendeva simpatica a tutti.

Preoccupati più della tua coscienza che della reputazione. Perché la tua coscienza è quello che tu sei, la tua reputazione è ciò che gli altri pensano di te. E quello che gli altri pensano di te è problema loro.

La solitudine è una cosa repellente. Ha un lievissimo alone di tristezza, non riesce ad attrarre o a interessare; se ne prova un po’ di vergogna. Ma, in misura maggiore o minore, è la compagna di tutti.

Il mio era un personaggio originale e poco familiare agli americani; poco familiare persino a me. Ma una volta nei suoi panni io m’immedesimavo in esso, per me era una realtà e un essere vivente. Anzi m’infiammava di idee folli di tutti i generi, che non avrei mai avuto se non mi fossi messo il suo costume e la sua truccatura. All’osservazione che forse i movimenti di macchina delle sue regie. Non devono essere interessanti “loro”: sono interessante “io”.

Il silenzio è un dono universale che pochi sanno apprezzare. Forse perché non può essere comprato. I ricchi comprano rumore. L’animo umano si diletta nel silenzio della natura, che si rivela solo a chi lo cerca.

Non avevo la minima idea del personaggio. Ma come fui vestito, il costume e la truccatura mi fecero capire che tipo era. Cominciai a conoscerlo e quando mi incamminai verso l’enorme pedana di legno esso era già venuto al mondo.

All’inizio nessuno sapeva dosare il sonoro: il cavaliere errante dentro la sua armatura sferragliava come un’acciaieria; una semplice cenetta in famiglia sembrava l’ora di punta in una trattoria e chi versava l’acqua in un bicchiere faceva un rumore da sfondare i timpani. Uscii dal teatro convinto che il sonoro avesse i giorni contati.

Vi arrivai un sabato sera a tarda ora, e dopo cena feci una passeggiata, nella speranza di trovare la casa di Shakespeare. La notte era nera come la pece ma io svoltai istintivamente per una traversa e mi fermai davanti a uno stabile, accedi un fiammifero e lessi: “Casa di Shakespeare”. Solo lo spirito del Bardo poteva avermi condotto fin là!

Era il tramonto del cinema muto. Fu un peccato, perché cominciava a perfezionarsi proprio allora.

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Quando la sorte si impadronisce del destino dell’uomo, non usa né pietà né giustizia.
(Charlie Chaplin)

Conversai con Maynard Keynes, l’economista, al quale dissi di avere letto in una rivista inglese un articolo sul funzionamento del credito nella Banca d’Inghilterra, che era allora una società privata: durante la guerra la Banca aveva esaurito le proprie riserve auree, restando solo con 400.000.000 di sterline in titoli esteri, e quando il governo aveva chiesto un prestito di 500.000.000 di sterline essa non aveva fatto altro che prendere questi titoli, guardarli e rimetterli in camera di sicurezza, per poi effettuare il prestito al governo; e la transazione si era ripetuta diverse volte. Keynes annuì e disse: “Sì, le cose sono andate pressappoco così”. “Ma”, chiesi educatamente io, “come furono riscattati quei prestiti?”. “Con lo stesso danaro fiduciario”, disse Keynes.

In passato le macchine ci hanno fatto dipendere dall’Inghilterra e l’unico modo che abbiamo per liberarci da questa dipendenza è di boicottare tutte le merci prodotte da queste macchine. Ecco perché abbiamo reso patriottico dovere di ogni indiano filarsi il proprio cotone e tessersi la propria tela. Questa è la nostra forma di attacco a una nazione potente come l’Inghilterra: e, naturalmente, vi sono altre ragioni. L’India ha un clima diverso da quello inglese, diversi sono i suoi bisogni e le sue usanze. In Inghilterra il rigore delle stagioni rende necessaria un’industria sviluppata e una complessa economia. A voi occorrono utensili per mangiare, noi usiamo le dita. E ciò si traduce in molteplici differenze”. Ricevetti una lucida lezione di tattica nella lotta dell’India per la libertà, ispirata, paradossalmente, da un visionario realista e virile dotato della volontà di ferro necessaria per condurla in porto. Egli mi disse anche che la suprema indipendenza consiste nel disfarsi degli oggetti inutili, e che la violenza finisce sempre per distruggere se stessa.

Will, un entusiasta, che per intossicarsi non aveva bisogno di stimolanti diversi dalla vita, una volta mi chiese: “Qual è il suo concetto della bellezza?” Risposi che secondo me era un’onnipresenza di morte e leggiadria, una sorridente tristezza che discerniamo nella natura e in tutte le cose, la mistica comunione avvertita dal poeta: potrebbe esserne un’espressione una pattumiera colpita da un raggio di sole, o una rosa nel rigagnolo. El Greco la vide nel nostro Redentore sulla croce.

Vanderbilt mi spedì una serie di fotografie formato cartolina che mostravano Hitler durante un discorso. Il viso era oscenamente comico: una brutta copia del mio, con i suoi assurdi baffetti, le lunghe ciocche ribelli e una boccuccia disgustosamente sottile. Non riuscivo a prenderlo sul serio. Ogni cartolina ne illustrava una posa diversa: una con le mani simili ad artigli, mentre arringava la folla, un’altra con un braccio levato e l’altro lungo il corpo, come un giocatore di cricket che sta per lanciare la palla, e un’altra con le mani strette davanti a sé come se stesse sollevando un manubrio immaginario. Il saluto con la mano rovesciata all’indietro sulla spalla e col palmo rivolto all’insù mi faceva venir voglia di metterci sopra un vassoio di piatti sporchi. “Questo è matto!”, pensai. Ma quando Einstein e Thomas Mann furono costretti a lasciare la Germania, il viso di Hitler non era più comico ma sinistro.

Nella stanza buia del seminterrato di Oakley Street mia madre [con le sue letture appassionate del Vangelo] mi accese della fiamma più ardente che questo mondo abbia mai visto, e che da allora ha sempre arricchito teatro e letteratura con i suoi temi più grandi e appassionanti: pietà, amore e umanità.

Ormai avevo fiducia nelle mie idee, e di questo posso ringraziare Sennett poiché, pur essendo poco istruito come me, egli credeva nel proprio gusto, e infuse anche in me un’autentica fiducia. La sua osservazione, quel primo giorno allo studio: “Giriamo senza copione. Trovata un’idea, seguiamo il corso naturale degli eventi”, mi aveva acceso la fantasia e mi parve la chiave di volta di ogni soggetto.

A Filadelfia mi trovai inavvertitamente fra le mani un’edizione degli Essays and Lectures di Robert Ingersoll. Fu una scoperta entusiasmante; il suo ateismo confermava la mia convinzione che l’orribile crudeltà dell’Antico Testamento fosse degradante per lo spirito umano.

In molti villaggi vidi berline nuove di zecca usate come pollai. Ne chiesi la ragione a Spies, che mi disse: “Il villaggio si regge su basi comuniste, e i soldi che guadagna con l’esportazione di pochi capi di bestiame finiscono in un libretto di risparmio che col passare degli anni raggiunge una somma considerevole. Un giorno un intraprendente piazzista in automobili li ha convinti a comprare delle berline Cadillac. Per i primi due o tre giorni se ne sono andati in giro godendosela un mondo, finché non è finita la benzina. Allora hanno scoperto che il mantenimento di una macchina sarebbe costato loro in un giorno quanto guadagnano in un mese, e perciò le hanno abbandonate nei villaggi, dove si sono trasformate in pollai”. Bali era allora un paradiso. Gli indigeni lavoravano quattro mesi nelle risaie e dedicavano gli altri otto all’arte e alla cultura. Gli svaghi erano gratuiti in tutta l’isola, dove un villaggio si esibiva per un altro. Ma ormai il paradiso non esiste più nemmeno là. La civiltà ha insegnato alle donne a coprirsi il petto e ad abbandonare le loro divinità amanti del piacere per le usanze occidentali.

Gli dissi [a H. G. Wells] che non ero ben informato sul socialismo, e osservai scherzosamente che vedevo pochi vantaggi in un sistema nel quale l’uomo deve lavorare per vivere. “Francamente, ne preferisco uno che gli permetta di vivere senza lavorare”. Lui rise. “E i suoi film?” “Quello non è un lavoro: è un gioco da ragazzi” dissi, in tono faceto.

Quando Luci della ribalta fu terminato, avevo meno dubbi sul suo successo che per qualsiasi altro film avessi mai fatto.

In un’occasione il consolato russo diede in suo onore [Anna Pavlovna Pavlova] una cena alla quale partecipai anch’io. Fu un incontro internazionale che si svolse in una atmosfera di grande solennità. Durante la cena vennero pronunciati molti brindisi e discorsi, alcuni in francese e altri in russo. Credo fui l’unico inglese invitato. Però, prima che venisse il mio turno di parlare, un professore russo tenne un brillante panegirico sull’arte della Pavlova, nella sua lingua. A un certo punto scoppiò in lacrime, poi si avvicinò alla ballerina e la baciò con ardore. Dopodiché, compresi che qualsiasi discorso da parte mia sarebbe stato straordinariamente insipido, e allora mi alzai per dire che, essendo il mio inglese del tutto insufficiente a esprimere la grandezza dell’arte della Pavlova, avrei parlato in cinese. Finsi dunque di parlare in cinese, entusiasmandomi come aveva fatto il professore e finendo per baciare la Pavlova con maggiore trasporto di lui: presi anzi un tovagliolo e me lo misi sopra la testa per nascondere quella gragnuola di baci. Tutti i presenti cominciarono a sghignazzare e il ricevimento si spogliò della sua solennità.

Capisco benissimo l’atteggiamento psicologico del teddy boy col suo abito edoardiano; come tutti noi, egli vuole che la sua vita balzi al centro dell’attenzione, evochi il dramma e l’avventura. Perché non dovrebbe abbandonarsi a momenti di sfrenato esibizionismo, come lo scolaro indulge ai vagabondaggi e agli scherzi rumorosi? Non è naturale che quando vede le cosiddette classi abbienti affermare la loro fatuità egli voglia affermare la sua? Di questi tempi egli sa che la macchina obbedisce alla sua volontà come obbedisce a quella dell’esponente di qualsiasi ceto; che per cambiare una marcia o premere un bottone non occorre una speciale intelligenza. In quest’era insensata egli è pari a qualsiasi Lancillotto, aristocratico o scienziato che sia; il suo dito può distruggere una città con la stessa facilità di un esercito napoleonico. Non è dunque il teddy boy, una fenice che sorge dalle ceneri di una classe dirigente criminale, con un atteggiamento forse motivato da una subconscia convinzione, e cioè che l’uomo è solo un animale semi-addomesticato che per generazioni ha dominato gli altri con l’inganno, la crudeltà e la violenza?

Era strano sentire giovani e abili nazisti arringare da piccoli pulpiti in mogano capannelli di passanti lungo la Quinta Avenue. Un giovanotto, tipico rampollo della nuova generazione newyorkese, mi chiese con aria benevola perché fossi tanto antinazista. “Perché loro sono antiuomo”, risposi. “Ah, già” disse lui, come se facesse una improvvisa scoperta. “Ma lei è ebreo, nevvero?” “Non occorre essere ebreo per essere antinazista”, risposi, “basta essere un normale essere umano con un briciolo di dignità”. E la discussione finì lì.

Ho sempre rispettato e ammirato Gandhi per l’acume politico e la volontà di ferro da lui dimostrata in innumerevoli occasioni. Ma secondo me la sua visita a Londra fu un errore. La leggendaria importanza della sua figura diminuì sulla scena londinese, e la sua ostentazione religiosa fece poca impressione sulla gente. Nel clima freddo e umido dell’Inghilterra, con la fascia tradizionale che gli cingeva le reni ricadendogli in disordine attorno alle gambe, egli parve un personaggio assurdo. Fu così che la sua presenza a Londra divenne materia per barzellette e caricature. Si fa colpo sulla gente quando si tengono le distanze.

Alcuni sostenevano che (la Prima guerra mondiale) dipendeva dall’assassinio di un arciduca; ma questo non sembrava un motivo sufficiente per lo scoppio di una conflagrazione mondiale. La gente aveva bisogno di una spiegazione più realistica. Allora si disse che era una guerra per la difesa della democrazia. Anche se la minoranza aveva più cose da difendere della maggioranza, le perdite furono crudelmente democratiche.

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Quando ho cominciato ad amarmi davvero, ho smesso di desiderare un’altra vita e mi sono accorto che tutto ciò che mi circonda è un invito a crescere. Oggi so che questo si chiama maturità. (Charlie Chaplin)

Nell’attimo in cui apparve rimasi elettrizzato. Ho visto pochi geni sulla terra, ma Nižinskij è stato uno di loro. Era ipnotico, divino, la sua tristezza suggeriva atmosfere di altri mondi; ogni movimento era poesia, ogni balzo un volo nella fantasia più sfrenata. Il mistico mondo che ha creato, l’invisibile tragedia annidata nell’ombra della bellezza pastorale mentre egli si muoveva attraverso il suo mistero, divinità di appassionata tristezza: riusciva a esprimere tutte queste cose con pochi gesti di estrema semplicità e senza sforzo apparente.

L’atteggiamento di chi vuol rendere la miseria attraente per gli altri è piuttosto antipatico. Devo ancora conoscerlo un povero che abbia nostalgia della povertà, o che vi veda la libertà. […] Io non trovo nessuna costrizione nella ricchezza: al contrario, vi trovo molta libertà. Non ho trovato la miseria né attraente né edificante. Non mi ha insegnato altro che a falsare i valori, a sopravvalutare le virtù e le grazie dei ricchi e dei cosiddetti ceti abbienti. Ricchezza e celebrità, al contrario, mi hanno insegnato a vedere il mondo nella giusta prospettiva, a scoprire che gli uomini importanti, quando li avvicinavo, erano a loro modo deficienti quanto il resto di noi. Ricchezza e celebrità mi hanno anche insegnato a disdegnare le insegne della spada, del bastone da passeggio e del frustino da cavallerizzo come sinonimi di snobismo, a riconoscere che non basta l’accento preso al college per valutare i meriti e l’intelligenza di un uomo, e la paralizzante influenza che questo mito ha esercitato sul cervello della borghesia inglese, a sapere che l’intelligenza non deriva necessariamente dall’istruzione o dalla conoscenza dei classici.

Sento di avere il privilegio di esprimere una speranza. La speranza è questa: che avremo finalmente la pace in tutto il mondo: che aboliremo le guerre, e risolveremo tutte le differenze internazionali al tavolo delle conferenze: che aboliremo tutte le bombe atomiche e all’idrogeno, prima che siano esse ad abolire noi.

Io non credo, né mi rifiuto di credere, in nulla.

Il circo è la concentrazione silenziosa dell’arte di giocare senza dire nessuna parola, l’antiteatro, la tecnica dei sordi e dei muti, i grandi attori del mondo.

Se avessi conosciuto gli orrori dei campi di concentramento tedeschi non avrei potuto fare Il dittatore; non avrei certo potuto prendermi gioco della follia omicida dei nazisti. Ma ero ben deciso a mettere in ridicolo le loro mistiche scemenze sulla purezza del sangue e della razza. Come se una cosa simile fosse mai esistita al di fuori delle tribù degli aborigeni australiani!

Parecchi intervistatori mi hanno chiesto dove vado a prendere le idee per i miei film e ancora oggi non sono in grado di dare una risposta soddisfacente. Col passare degli anni ho scoperto che le idee vengono quando se ne ha un intenso desiderio; a forza di desiderare, la mente diventa una specie di osservatorio sempre all’erta per cogliere gli incidenti capaci di stimolare l’immaginazione: la musica, un tramonto, possono dare un volto a un’idea. Direi: scegliete un tema in grado di stimolarvi, elaboratelo e svolgetelo, poi, se non riuscite a svilupparlo ulteriormente, scartatelo e prendetene un altro. Questa eliminazione progressiva è il migliore sistema per trovare quello che cercate. Come si fa ad avere delle idee? Perseverando fin quasi a impazzire. Bisogna avere la forza di soffocare l’angoscia e dare sfogo all’entusiasmo per un lungo periodo di tempo. Forse per alcuni è più facile che per altri, ma ho i miei dubbi.

Non riesco a immedesimarmi nei problemi di un principe. La madre di Amleto avrebbe anche potuto andare a letto con tutti i cortigiani e io sarei rimasto assolutamente indifferente al dolore inflitto a suo figlio.

Mi è rimasto in mente un incidente. In fondo alla via c’era un macello, e davanti a casa nostra passavano le pecore ivi destinate. Ricordo che ne scappò una, e corse giù per la strada tra le risa degli astanti. Alcuni tentarono di acciuffarla, altri inciamparono e caddero per terra. Mi ero divertito un mondo alle capriole dell’animale, tanto sembrava comico il suo panico. Ma quando esso fu catturato e ricondotto al macello, compresi tutta la realtà della tragedia e corsi a casa da mia madre strillando e piangendo: “L’ammazzano! L’ammazzano!”. Per parecchi giorni non riuscii a dimenticare la buffa caccia di quel rigido pomeriggio di primavera; e mi domando se non fu proprio quell’episodio a creare la premessa delle mie future opere cinematografiche: la combinazione di tragico e di comico.

Aforismi Charlie Chaplin
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Film di Charlie Chaplin: “Il grande dittatore”

Charlie Chaplin vincitore di 3 premi Oscar, ci ha regalato oltre 90 film di cui è stato autore. Tra i più famosi non possiamo non citare “Il grande Dittatore” (1940), una parodia del nazismo in cui si prende gioco di Adolf Hitler. In questo paragrafo abbiamo selezionato le più belle frasi dei film di Charlie Chaplin. Oltre alle frasi significative e famose, avrete a disposizione anche un video tratto dall’opera del cineasta. Fra i film di Charlie Chaplin qual è il vostro preferito?

Qualsiasi somiglianza tra il dittatore Hynkel e il barbiere ebreo è puramente casuale.
(Il Grande Dittatore)

Dobbiamo far sì che il popolo li odi. Secondo me la violenza contro gli ebrei può far dimenticare lo stomaco vuoto.
(Il Grande Dittatore)

Mi dispiace, ma io non voglio fare l’Imperatore: non è il mio mestiere; non voglio governare né conquistare nessuno. Vorrei aiutare tutti, se possibile: ebrei, ariani, uomini neri e bianchi. Tutti noi esseri umani dovremmo aiutarci sempre, dovremmo godere soltanto della felicità del prossimo, non odiarci e disprezzarci l’un l’altro. In questo mondo c’è posto per tutti. La natura è ricca, è sufficiente per tutti noi; la vita può essere felice e magnifica, ma noi lo abbiamo dimenticato. L’avidità ha avvelenato i nostri cuori, ha precipitato il mondo nell’odio, ci ha condotti a passo d’oca fra le cose più abiette. Abbiamo i mezzi per spaziare, ma ci siamo chiusi in noi stessi. La macchina dell’abbondanza ci ha dato povertà; la scienza ci ha trasformato in cinici; l’avidità ci ha resi duri e cattivi; pensiamo troppo e sentiamo poco. Più che macchinari, ci serve umanità; più che abilità, ci serve bontà e gentilezza. Senza queste qualità la vita è violenza e tutto è perduto. L’aviazione e la radio hanno riavvicinato le genti; la natura stessa di queste invenzioni reclama la bontà nell’uomo, reclama la fratellanza universale, l’unione dell’umanità. Perfino ora la mia voce raggiunge milioni di persone nel mondo, milioni di uomini, donne e bambini disperati, vittime di un sistema che impone agli uomini di torturare e imprigionare gente innocente. A coloro che mi odono, io dico: non disperate! L’avidità che ci comanda è solamente un male passeggero, l’amarezza di uomini che temono le vie del progresso umano. L’odio degli uomini scompare insieme ai dittatori e il potere che hanno tolto al popolo ritornerà al popolo e, qualsiasi mezzo usino, la libertà non può essere soppressa. Soldati! Non cedete a dei bruti, uomini che vi disprezzano e vi sfruttano, che vi dicono come vivere, cosa fare, cosa dire, cosa pensare, che vi irreggimentano, vi condizionano, vi trattano come bestie. Non vi consegnate a questa gente senza un’anima, uomini macchina, con macchine al posto del cervello e del cuore. Voi non siete macchine, voi non siete bestie: siete uomini!
Voi avete l’amore dell’umanità nel cuore, voi non odiate, coloro che odiano sono quelli che non hanno l’amore altrui. Soldati! Non difendete la schiavitù, ma la libertà! Ricordate nel Vangelo di S. Luca è scritto: “Il Regno di Dio è nel cuore dell’uomo”. Non di un solo uomo o di un gruppo di uomini, ma di tutti gli uomini. Voi! Voi, il popolo, avete la forza di creare le macchine, la forza di creare la felicità. Voi, il popolo, avete la forza di fare che la vita sia bella e libera; di fare di questa vita una splendida avventura. Quindi, in nome della democrazia, usiamo questa forza. Uniamoci tutti! Combattiamo per un mondo nuovo che sia migliore! Che dia a tutti gli uomini lavoro; ai giovani un futuro; ai vecchi la sicurezza. Promettendovi queste cose, dei bruti sono andati al potere; mentivano! Non hanno mantenuto quelle promesse, e mai lo faranno! I dittatori forse sono liberi perché rendono schiavo il popolo. Allora combattiamo per mantenere quelle promesse! Combattiamo per liberare il mondo, eliminando confini e barriere; eliminando l’avidità, l’odio e l’intolleranza. Combattiamo per un mondo ragionevole. Un mondo in cui la scienza e il progresso diano a tutti gli uomini il benessere. Soldati, nel nome della democrazia, siate tutti uniti!
(Il Grande Dittatore)

Hannah, puoi sentirmi? Dovunque tu sia, abbi fiducia. Guarda in alto, Hannah! Le nuvole si diradano: comincia a splendere il Sole. Prima o poi usciremo dall’oscurità, verso la luce e vivremo in un mondo nuovo. Un mondo più buono in cui gli uomini si solleveranno al di sopra della loro avidità, del loro odio, della loro brutalità. Guarda in alto, Hannah! L’animo umano troverà le sue ali, e finalmente comincerà a volare, a volare sull’arcobaleno verso la luce della speranza, verso il futuro. Il glorioso futuro che appartiene a te, a me, a tutti noi. Guarda in alto Hannah, lassù.
(Il Grande Dittatore)

Durante l’ultimo anno della grande guerra la Tomania cominciò a indebolirsi. All’interno era scoppiata la rivoluzione. I suoi diplomatici chiedevano la pace, mentre al fronte l’esercito continuava a combattere, sicuro che la sua macchina bellica avrebbe sconfitto il nemico. Quel giorno la grande Bertha, un cannone con una gittata di centosessanta chilometri, doveva fare il suo debutto sul fronte occidentale e seminare il terrore nel cuore del nemico. A cento chilometri di distanza era il suo bersaglio: la cattedrale di Notre Dame.

Ah, be’, io me ne frego!

Adenoid Hynkel ha detto: “Ieri la Tomania era a terra oggi è risorta.” [Hynkel ricomincia a parlare] “La democrazia fa schifo. La libertà fa schifo. La libertà di parola fa schifo. La Tomania ha il più grande esercito del mondo. La più grande marina del mondo. Ma per restare grandi dobbiamo sacrificarci. Dobbiamo stringerci la cinta.” Il fui parla ora al maresciallo Herring, ministro della guerra. Ora si rivolge al ministro dell’interno Garbitsch. Sua eccellenza ricorda le prime lotte sostenute insieme ai suoi fedeli camerati. Sua eccellenza ha vantato le doti della razza ariana. Sua eccellenza ha fatto qualche apprezzamento sulla razza ebraica. In conclusione il fui ha osservato che nei riguardi del resto del mondo egli nutre soltanto intenzioni pacifiche.

La vittoria premierà i meritevoli. Oggi democrazia, libertà ed uguaglianza sono parole inconcepibili. Nessuna nazione può progredire con tali idee. Esse sono d’intralcio all’azione, quindi onestamente le aboliamo. In futuro ognuno servirà gli interessi dello Stato in assoluta obbedienza e guai a quanti rifiutano di farlo. A tutti gli ebrei e agli altri non ariani verranno tolti i diritti di cittadinanza. Si tratta di esseri inferiori e pertanto nemici dello Stato. È dovere di ogni buon ariano odiarli e disprezzarli. Da oggi in poi questa nazione farà parte dell’Impero Tomanico e il popolo di questa nazione obbedirà alle leggi imposte dal nostro grande condottiero, il dittatore di Tomania, il conquistatore dell’Ostria, il futuro imperatore del mondo!

Rivolta in Tomania: il partito hynkeliano si impadronisce del potere. Nel frattempo il soldato ebreo ha perso la memoria ed è rimasto ricoverato in un ospedale militare per molti anni, ignora il profondo cambiamento avvenuto in Tomania. Il dittatore Hynkel governa col pugno di ferro. Sotto l’emblema delle croci accoppiate la libertà è stata bandita e l’unica voce che si ode è quella di Hynkel.

Schultz, vi serve una vacanza: aria fresca, un po’ di ginnastica all’aperto… vi mando in campo di concentramento!

Al maresciallo Herring. All’invasione dell’Ostria.

Sua eccellenza sembra compiaciuto dall’accoglienza di un gruppo di bambini tomanici con le loro madri. Una madre gli porge la sua bambina. La piccina sorride e sembra voler dimostrare il proprio entusiasmo. Sua eccellenza lascia la scena del suo trionfo e rientra alla cancelleria per la Hynkel Straße dove troneggiano i capolavori della Tomania: la Venere di oggi e il Pensatore di domani.

Hynkelino!

Imperatore del mondo. Mh, il mio mondo!

Guardi quella stella. Non è meravigliosa? Lo sa? Hynkel con tutto il suo potere non potrà mai toccarla.

Film Charlie Chaplin
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Charlie Chaplin: frasi sulla vita

Con la sua autobiografia Charlie Chaplin ci ha messo a conoscenza di ciò che è stata gran parte della sua esistenza. In questo paragrafo abbiamo selezionato le frasi di Charlie Chaplin sulla vita, utili per prendere spunto su quello che è la nostra esistenza, sui nostri sogni e desideri. Ma utili anche per dedicare un pensiero a una persona particolarmente appassionata della celebre figura di Charlie Chaplin.

Le macchine che danno l’abbondanza ci hanno lasciati nel bisogno. La nostra sapienza ci ha reso cinici, l’intelligenza duri e spietati. Pensiamo troppo e sentiamo troppo poco. Più che macchine, l’uomo ha bisogno di umanità. Più che intelligenza, abbiamo bisogno di dolcezza e bontà. Senza queste doti la vita sarà violenta e tutto andrà perduto.
La vita non è un significato, ma un desiderio.

La giovinezza sarebbe un periodo più bello se solo arrivasse un po’ più tardi nella vita.

Suppongo che sia una delle ironie della vita fare la cosa sbagliata al momento giusto.

La vita è una tragedia in primo piano, ma una commedia in campo lungo.

La vita potrebbe essere meravigliosa se le persone ti lasciassero in pace.

È paradossale che nell’elaborazione di una comica la tragedia stimoli il senso del ridicolo; perché il ridicolo, immagino, è un atteggiamento di sfida: dobbiamo ridere in faccia alla tragedia, alla sfortuna e alla nostra impotenza contro le forze della natura, se non vogliamo impazzire.

Ti criticheranno sempre, parleranno male di te e sarà difficile che incontri qualcuno al quale tu possa piacere cosi come sei! Quindi vivi, fai quello che ti dice il cuore, la vita è come un opera di teatro, che non ha prove iniziali: canta, balla, ridi e vivi intensamente ogni giorno della tua vita prima che l’opera finisca senza applausi…

Non è patetico, non è terribile che tutta questa gente mi circondi gridando “Dio ti benedica, Charlie!” e che voglia toccarmi il capotto, e ridere o persino piangere? Li ho visti farlo, quando riescono a toccarmi la mano. E perché? Perché? Semplicemente perché li ho rallegrati. Dio, Tommy, che lurido mondo è questo, che permette alla gente di passare una vita tanto abietta che se qualcuno li fa ridere vogliono inginocchiarsi e toccargli il cappotto come fosse Gesù Cristo che li risuscita. Ecco un commento sulla vita. Ecco un bel mondo in cui vivere. Quando la folla mi circonda così, per quanto personalmente mi gratifichi, spiritualmente mi fa male, perché so cosa c’è dietro. Uno squallore, una bruttezza, e una disperazione tale che solo perché qualcuno li fa ridere e li aiuta a dimenticare, chiedono a Dio di benedirlo.

Vivi! È veramente buono battersi con persuasione, abbracciare la vita e vivere con passione, perdere con classe e vincere osando, perché il mondo appartiene a chi osa! La vita è troppo bella per essere insignificante!

La vita è meravigliosa se non se ne ha paura.

Charlie Chaplin frasi sulla vita
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Frasi di Charlie Chaplin sull’amore e sul sorriso

Un paragrafo dedicato alle frasi di Charlie Chaplin sul sorriso e sull’amore. Perfette per fare una dedica alla persona amata o a chi sta attraversando un periodo non facile. Quale frase di Charlie Chaplin preferite e ritenete più adatta per un biglietto originale e in grado di far emozionare?

L’amore perfetto è la più bella di tutte le frustrazioni perché è più di quanto si possa esprimere.

Il tuo nudo corpo dovrebbe appartenere solo a coloro che si innamorano della tua nuda anima.

Gli abitanti dell’isola di Bali non applaudono mai, e non hanno nemmeno una parola per dire “amore” o “grazie”.

La poesia è una lettera d’amore indirizzata al mondo.

Si ha bisogno di potere,
solo quando si desidera
fare qualcosa di malvagio.
Altrimenti l’amore è sufficiente per tutto.

Ci vuole un minuto per notare una persona speciale, un’ora per apprezzarla, un giorno per volerle bene, tutta una vita per dimenticarla.

Coloro che odiano sono quelli che non hanno l’amore altrui.

Guardai Oona mentre ammirava il panorama, il volto teso dall’eccitazione che la faceva sembrare più giovane dei suoi ventisette anni. Dal giorno delle nozze aveva affrontato coraggiosamente molte prove al mio fianco; e mentre i suoi occhi erravano su Londra, e il sole le giocava tra i capelli neri, vidi per la prima volta qualche filo bianco. Non feci commenti, ma in quel momento, mentre diceva tranquillamente: “mi piace Londra”, provai per lei il senso di dedizione di uno schiavo.

– L’amore? Eppure esiste.
– Che ne sapete?
– Ho amato anch’io.
– Siete stata, cioè, fisicamente attratta da un uomo.
– Era qualcosa di più.
– Già, per le donne è sempre qualcosa di più.

La punizione per un bacio rubato è molto spesso una condanna a vita.

– Terry: Ti amo.
– Calvero: Sprecare l’amore per un vecchio?
– Terry: L’amore non è mai sprecato.

Un giorno senza un sorriso è un giorno perso.

Una sera l’interprete venne a dirmi che un celebre musicista desiderava conoscermi: non potevo raggiungerlo nel suo palco? L’invito presentava un certo interesse perché nel palco, insieme a lui, c’era una bellissima signora dall’aria esotica, che faceva parte del Balletto Russo. L’interprete mi presentò. Il signore disse che il mio numero lo aveva divertito e che era rimasto sorpreso dalla mia giovane età. A questi complimenti io mi inchinai educatamente, lanciando di tanto in tanto una occhiata furtiva alla sua amica. “Lei ha l’istinto del musicista e del ballerino”, disse lui. Rendendomi conto che non potevo rispondere al complimento altro che con un sorriso, lanciai un’occhiata all’interprete e tornai a inchinarmi educatamente. Il musicista si alzò in piedi e mi tese la mano; mi alzai anch’io. “Sì” disse, stringendomi la mano “lei è un vero artista”. Dopo esserci congedati, mi rivolsi all’interprete: “Chi era la signora che lo accompagnava?” .”È una danzatrice del Balletto Russo, mademoiselle…”. Era un nome molto lungo e difficile. “E come si chiamava quel signore?”, domandai. “Debussy”, rispose, “il celebre compositore”. “Mai sentito nominare”, commentai.

Scoprirai che la vita vale ancora la pena, se sorridi.

Credo nel potere del riso e delle lacrime come antidoto all’odio e al terrore.

Charlie Chaplin frasi sul sorriso
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Immagini di Charlie Chaplin

Terminiamo con i video con le frasi di Charlie Chaplin e anche tante originali e famose immagini di Charlie Chaplin. Entrambi utili per una condivisione social, per un sms o per avere sempre con sé un ricordo dell’intramontabile e unico Charlot, il più famoso personaggio interpretato da Charlie Chaplin. Il primo video ha come protagonista la celebre poesia di Charlie Chaplin a lui erroneamente attribuita, quando in occasione del suo 70esimo compleanno decise di decantarla di fronte ai suoi festeggiati.

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Il mio prodigioso peccato era ed è tuttora un anticonformista. (Charlie Chaplin)
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Credo che la fede sia un precursore di tutte le nostre idee. (Charlie Chaplin)
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Non voglio creare una rivoluzione, voglio solo creare qualche altro film.
(Charlie Chaplin)
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Sono un individuo e un credente nella libertà.
(Charlie Chaplin)
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Mi piace camminare sotto la pioggia così nessuno mi vede piangere.
(Charlie Chaplin)
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Non troverai mai un arcobaleno, se stai guardando in basso. (Charlie Chaplin)
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Pensa a te stesso almeno una volta nella vita altrimenti perderai la migliore commedia di questo mondo.
(Charlie Chaplin)
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Il nostro giocattolo più grande è il cervello.
(Charlie Chaplin)
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La disperazione è un narcotico. Culla la mente nell’indifferenza. (Charlie Chaplin)
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Rimango solo una cosa, e solo una cosa, un pagliaccio. Mi pone su un piano molto più alto di qualsiasi politico. (Charlie Chaplin)
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Lo specchio è il mio migliore amico, perché quando piango non ride mai. (Charlie Chaplin)
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Dal punto di vista del nostro ego, siamo tutti sovrani spodestati.
(Charlie Chaplin)
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Il vero carattere di un uomo si rivela quando è ubriaco. (Charlie Chaplin)
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Tutto quello che mi serve per creare una comica è un parco, un poliziotto e una bella ragazza.
(Charlie Chaplin)
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Il successo rende simpatici.
(Charlie Chaplin)
immagini Charlie Chaplin 3
Un delitto è un crimine; un milione è eroismo. Il numero legalizza.
(Charlie Chaplin)

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Martina Solazzo
Toscana di nascita e marchigiana di adozione. Divoratrice di libri fin dai primi ricordi. Mamma di due bambini, Isabel ed Emanuele e amante dei cani, soprattutto il mio. Ho iniziato a scrivere per passione e alla fine ne ho tirato fuori un lavoro.